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capitolo settimo. 349

accalcati via via per goder lo spettacolo. La contessa fremeva e stringeva i pugni, il conte piegava di qua e di là come una banderuola che ha perduto l’equilibrio, il cancelliere gli stava dietro quasi per puntellarlo se accennasse cadere; monsignore tratto di tasca il tovagliolo se ne asciugava la fronte; e il barone solo restava imperterrito col suo braccio steso; come fosse stato lui che con quel magico gesto avesse prodotto quel general parapiglia. La contessa s’adoperò un istante intorno alla figlia per farla rinvenire, e comandarle il rispetto e l’ubbidienza; ma vedendo ch’ella, appena tornata in sé, accennava col capo di no, e sveniva quasi di nuovo, si volse al barone con voce soffocata dalla stizza.

— Signore, — gli disse — ella vede bene; un impreveduto accidente ha guastato la festa di questo giorno; ma io posso assicurarla a nome di mia figlia che mai donzella non fu così onorata da offerta alcuna, come essa dalla domanda fattale in nome dell’eccellentissimo Partistagno. Egli può contare d’aver fino d’ora una sposa ubbidiente e fedele. Soltanto lo prego di differire a momento più opportuno la sua prima visita di fidanzato. —

Le cameriere trascinarono allora fuori della sala la padroncina, la quale benchè quasi esanime seguitava a diniegare colle mani e col capo. Ma il barone non le badava più che a qualunque altro mobile della casa: così egli si accinse a recitare la seconda ed ultima parte della sua orazione.

— Ringrazio — egli disse — a nome di mio nipote la nobile sposa, e tutta l’eccellentissima sua famiglia dell’onore fattogli di accettarlo per isposo. Fatte le pubblicazioni di metodo, si celebrerà il matrimonio nella cappella di questo castello giurisdizionale di Fratta. Io barone di Caporetto mi offro fin d’adesso per compare dell’anello, e che le benedizioni del cielo piovano benigne sul felicissimo innesto