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296 le confessioni d’un ottuagenario.

Povero fanciullo! Io cominciava infin d’allora a disprezzare e ad amare: tormento terribile fra quanti la crudele natura ne ha preparato a’ suoi figliuoli; battaglia e pervertimento d’ogni principio morale; servitù senza compenso e senza speranza nella quale l’anima, che pur vede il bene e lo ama, è costretta a curvarsi, a pregare, a supplicare dinanzi all’idolo del male. Io aveva troppo cuore e troppa memoria. Le rimembranze dei primi affetti infantili mi perseguitavano senza misericordia. Io fuggiva indarno; indarno mi volgeva a combatterle colla ragione: più antiche della ragione esse conoscevano tutte le pieghe, tutti i nascondigli dell’anima mia. Al loro soffio fatale una tempesta si sollevava dentro di me; una tempesta di desiderii, di rabbia, di furori, di lagrime. Oh meditatele bene queste due parole nelle quali si racchiude tutta la storia delle mie sciagure e delle mie colpe! Meditatele bene e poi dite se con tutta l’eloquenza della passione, con tutto il sentimento dei dolori sofferti, con tutta la sincerità del ravvedimento, potrei spiegarne l’orribile significato!... Io disprezzava ed amava!

Riderete forse anco di questi due fanciulli, che nel mio racconto la pretendono ad uomini: ma ve lo giuro una volta per sempre: io non vi ricamo di mio capo un romanzo: vo semplicemente riandando la mia vita. Ricordo a voce alta: e scrivo quello che ricordo. Scommetto anzi che se tutti vorrete tornar daccapo colla memoria agli anni della puerizia, molti fra voi troveranno in essi i germi, e quasi il compendio, delle passioni che poscia inorgoglirono. Credetelo a me: quello che si disse delle bambine che nascono piccole donne, si può dirlo anche degli uomini. La sferza del precettore, e la cerchia obbligata delle occupazioni, li tien domati generalmente fino ad una certa età. Ma lasciateli andare, fare e pensare a lor grado; e tosto vedrete animarsi in essi, come nello