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capitolo primo. 3

trincierarsi in se stessa contro le miserie comuni, nè tanto stoica da opporsi deliberatamente ad essa, nè tanto sapiente da trascurarla disprezzandola, mi pare debba in alcun modo riflettere l’attività comune e nazionale che l’assorbe; come il cader d’una goccia rappresenta la direzione della pioggia. Così l’esposizione de’ casi miei sarà quasi un esemplare di quelle innumerevoli sorti individuali, che dallo sfasciarsi dei vecchi ordinamenti politici al raffazzonarsi dei presenti composero la gran sorte nazionale italiana. Mi sbaglierò forse, ma meditando dietro essi potranno alcuni giovani sbaldanzirsi dalle pericolose lusinghe, e taluni anche infervorarsi nell’opera lentamente ma durevolmente avviata, e molti poi fermare in non mutabili credenze quelle vaghe aspirazioni, che fanno loro tentare cento vie prima di trovare quell’una che li conduca nella vera pratica del ministero civile. Così almeno parve a me in tutti i nove anni nei quali a sbalzi, e come suggerivano l’estro e la memoria, venni scrivendo queste note. Le quali incominciate con fede pertinace alla sera d’una grande sconfitta e condotte a termine traverso una lunga espiazione in questi anni di rinata operosità, contribuirono alquanto a persuadermi del maggior nerbo, e della più legittima speranza nei presenti, collo spettacolo delle debolezze e delle malvagità passate.

Ed ora, prima di prendere a trascriverle, volli con queste poche righe di proemio definire e sanzionar meglio quel pensiero che a me, già vecchio e non letterato, cercò forse indarno insegnare la malagevole arte dello scrivere. Ma già la chiarezza delle idee, la semplicità dei sentimenti, e la verità della storia mi saranno scusa e più ancora supplemento alla mancanza di retorica: la simpatia dei buoni lettori mi terrà vece di gloria.

Al limitare della tomba, già omai solo nel mondo, abbandonato così dagli amici che dai nemici, senza timori e senza speranze che non siano eterne, libero per l’età da