Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/246


capitolo quinto. 219

Queste parole pronunciate dal giovine con voce sommessa, ma vibrata e profonda, svegliarono deliziosamente i confusi desiderii di Clara. Non se ne maravigliò punto, perchè trovava stampate nel proprio cuore, da lungo tempo le cose udite allora. Gli sguardi, i colloqui, le arti pazienti raffinate di Lucilio, aveano preparato nell’anima di lei un posto sicuro a quell’ardente dichiarazione. E sentirsi ripetere dalla sua bocca quello che il cuore aspettava senza saperlo, fu più che altro il risvegliarsi subitaneo d’una gioia timida e latente. Successe nell’animo di lei quello che sulle lastre del fotografo al versarsi dell’acido; l’immagine nascosta si disegnò in tutte le sue forme; e se stupì in quel momento, fu forse di non potersi stupire. Peraltro un turbamento arcano e non provato mai le vietò di rispondere alle ardenti parole del giovane; e mentre cercava ritrarre la propria mano dalla sua, fu costretta anzi a cercarvi un appoggio perchè si sentiva venir meno da un deliquio di piacere.

— Clara, Clara per carità rispondi! — le veniva dicendo Lucilio, sorreggendola angosciosamente, e volgendo intorno gli occhi a spiare se qualcuno veniva.

— Rispondimi una sola parola!... non uccidermi col tuo silenzio, non punirmi collo spettacolo del tuo dolore!.. Perdono se non altro, perdono!...

Egli sembrava lì lì per cadere in ginocchio tanto pareva smarrito, ma era un’attitudine studiata forse per dar fretta al tempo. La fanciulla si riebbe in buon punto, e gli volse per unica risposta un sorriso. Chi raccolse mai nelle pupille uno di quei sorrisi, e non ne tenne poi conto per tutta la vita? Quel sorriso che domanda compassione, che promette felicità, che dice tutto, che perdona tutto; quel sorriso esprimente un’anima che si dona ad un’altra anima; che non ha in sè riverbero alcuno di immagini mondane, ma che splende solo d’amore e per amore; quel