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signore, che sai già quanto sia schizzinoso?... — Con queste e simili interrogazioni, il prudente uomo di Comune andava tentando e bersagliando l’animo del suo Assalonne; ma questi se ne imbeveva di cotali ciancie, com’ei le chiamava; e rispondeva che era pur un uomo come gli altri, e che se voleva bene alla Doretta non era certo per ridere, o per piantarla lì al motteggio del primo capitato. Il signor Antonio alzava la voce; Leopardo alzava le spalle, e ognuno rimaneva della propria opinione; anzi io credo che questi diverbii stuzzicassero non poco l’animo già abbastanza incalorito del giovine.

Per altro indi a poco si venne a capire che il vecchio scrupoloso poteva non aver torto. Se la Doretta faceva sempre al suo damo le belle accoglienze, tutti gli altri abitanti di Venchieredo non si mostravano dell’ugual parere. Fra gli altri quel Gaetano, che capitanava i buli del castellano, e vantava forse qualche vecchia pretesa sulla zittella, non poteva proprio digerire il bel giovine di Cordovado e le sue visite giornaliere. Si cominciò cogli scherzi, si venne poi agli alterchi, e finirono una volta col misurarsi qualche pugno. Ma Leopardo era così tranquillo, così deliberato che toccò al bulo il voltar via colla coda bassa; e questa sconfitta sofferta sul pubblico piazzale non cooperò certo a fargli smettere la sua inimicizia. S’aggiunga che la Doretta, più vanagloriosa di sè che innamorata di Leopardo, godeva di quella guerra che le si accendeva intorno, e nulla certo faceva per sedarla. Gaetano soffiò tanto alle orecchie del suo padrone e della petulanza del giovine Provedoni, e della sua poca reverenza alle persone d’alto grado e in particolare al signor Giurisdicente, che questi finalmente dovette accontentarlo, col guardar Leopardo con occhio più bieco assai che non guardasse la comune della gente. Quella guardatura voleva dire: — statemi fuori dei piedi! — e la in-