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178 le confessioni d’un ottuagenario.


a sè nuovi elementi: come quelle nebulose, che aggirandosi ingrandiscono, spesseggiano e diminuiscono densità e confusione all’atmosfera atomistica che le circonda. Quanti secoli bisognarono a quella nebulosa per crescere da atomo a stella? — Ve lo dicano gli astronomi. Quanti secoli ci vollero al sentimento umano per concertarsi in coscienza? — Lo dicano gli antropologi. — Ma come quella stella matura forse agli ultimi e scomposti confini dell’universo un altro sistema solare, così la coscienza promette al disordine interno dei sentimenti un’armonia stabile e veramente morale. Vi sono spazii di tempo, che si confondono coll’eternità nel pensiero d’un uomo: ma ciò che si toglie al pensiero non è vietato alla speranza. L’umanità è uno spirito che può sperar lungamente, e aspettare con pazienza.

Ma anche il povero Leopardo, benchè non avesse dinanzi la vita dei secoli, dovette aspettare con pazienza primachè la Doretta mostrasse accorgersi delle sue premure e sapergliene grado. La vanità, io credo, fu quella che la persuase. Prima di tutto Leopardo era bello; poi era uno dei più agiati partiti del territorio, e infine le dava tante prove di amore quasi devoto, che sarebbe stata vera sciocchezza il non approfittarne. Del resto se egli la divertiva assai volte colla sua semplicità, la ammaliava anche sovente con quel suo fare di animo valoroso e sereno. La si era accorta che mite e tollerante colle donne, anche quando si prendevano giuoco di lui, non lo era poi niente affatto verso ai giovinastri lì intorno. Una sua occhiata bastava a far loro calare le ali; e a lei non era piccola gloria l’aver pronto a’ suoi cenni chi tanto facilmente frenava la caparbietà degli altri. La Doretta adunque si lasciò trovare sempre più spesso alla fontana; s’intrattenne sempre più amichevolmente con lui nelle radunanze festive, e dall’accogliere le sue cortesie al ricambiarle, il tratto fu sì abbastanza lungo, ma dàlli e dàlli ne vennero a capo. Allora