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capitolo quarto. 173


giunse la giovane — con lui c’è sempre da venir ai capelli per questa inezia. Io non voglio mai sentir a parlare dell’inverno, ed egli me lo porta sempre a cielo per dispetto!

— Oh io lo ridurrei a tacere! — sclamò Leopardo.

— Sì?... venga dunque una volta o l’altra, — riprese Doretta levandosi in piedi ed infilando gli zoccoletti. — Ma badi di recar seco una buona dose di pazienza, perchè quel Gaetano è testardo come un asino.

— Verrò, verrò — soggiunse Leopardo. — Ma lei verrà ancora alla fontana, n’è vero?

— Sì certo; quando me ne salta l’estro; — rispose la fanciulla — e le feste poi non manco mai insieme alle altre zitelle dei dintorni.

— Le feste, le feste... — mormorò il giovine.

— Oh la ci venga, la ci venga; — gli diede sulla voce la giovine — e vedrà che bel paradiso qui tutto all’intorno.

Leopardo andava dietro alla Doretta che volgeva a Venchieredo, come un cagnolino che trae dietro al padrone anche dopo esserne stato cacciato. La Doretta si volgeva di tratto in tratto a guardarlo sorridendogli; egli sorrideva anche lui, ma il cuore gli scappava troppo innanzi perchè non si sentisse tremar sotto le gambe; e finalmente quando fu al cancello del casale:

— A rivederlo, signor Leopardo! — gli disse la giovinetta alla lontana.

— A rivederla, signora Doretta! — rispose il giovine con un’occhiata così lunga ed immobile, che parve le volesse mandar dietro l’anima; e si abbassò, arrossendo, a raccogliere alcuni fiori ch’ella aveva perduti, credo, col suo buon fine di malizia. Poi, quando il pergolato delle viti frondose gli tolse di scernere il corpicciolo svelto e grazioso della Doretta che s’affrettava verso il castello, allora quel-