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capitolo quarto. 171

La Doretta, che fino allora si avea preso beffa della semplicità di quel giovane, cominciò a guardarlo con qualche rispetto. Di più Leopardo, vinto il primo ostacolo, si sentiva proprio in vena di aprire l’animo suo forse per la prima volta; e le confessioni che spontanee e sincere gli venivano alle labbra non movevano meno la sua curiosità che quella della ragazza. Egli non s’era mai impacciato a far il sindaco di se stesso; e perciò ascoltava le proprie parole come altrettante novelle molto interessanti.

— La mi dica la verità; — continuò egli sedendo rimpetto alla giovane che ristette allora dal mandar gli occhi attorno in cerca dei zoccoletti; — mi dica la verità, chi le ha insegnato a voler tanto bene alla fontana di Venchieredo? —

Questa domanda angustiò un poco la Doretta e l’imbrogliarsi toccò allora a lei. Ciarlare e scherzare sapeva assai oltre al bisogno; ma render conto di checchessia non poteva che con un grandissimo sforzo d’attenzione e di gravità. Tuttavia, cosa strana! appetto di quella buona pasta di Leopardo non le riuscì di buttarla in ridere e la dovette rispondergli balbettando che la vicinanza della fontana al casale di suo padre l’avea adescata fin da fanciulletta a giocarvi entro; e che allora continuava perchè ci prendeva gusto.

— Benissimo! — riprese Leopardo ch’era troppo modesto per accorgersi dell’impiccio della Doretta come era anco troppo dabbene per essersi prima accorto delle sue beffe: — ma non l’avrà paura, m’immagino, di scherzare coll’acqua del ruscello!

— Paura? — disse la giovane arrossendo — non saprei il perchè!

— Ecco; perchè sdrucciolandovi entro si potrebbe annegare — rispose Leopardo.

— Oh bella! non ci penso io a questi pericoli, — soggiunse la Doretta.