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capitolo quarto. 161

dessero i tempi, o almeno almeno gli esempii paterni. Egli era venuto su sopportando molto, e sospirando alquanto; e poi come suo padre s’era messo a prender moglie e a far figliuoli: e n’avea già una mezza dozzina, quando Leopardo cominciò a bazzicar colle donne. Ecco il punto donde cominciarono i dissapori famigliari fra il signor Antonio e quest’ultimo.

Leopardo era un giovine di poche parole e di molti fatti; cioè anche di pochi fatti avrei dovuto dire, ma in quei pochi si ostinava a segno, che non c’era verso da poternelo dissuadere. Quando lo si rampognava d’alcun che, egli non rispondeva quasi mai; ma si volgeva contro al predicatore con un certo ruggito giù nella strozza, e due occhi così biechi, che la predica di solito non procedeva oltre l’esordio. Del resto, buono come il pane e servizievole come le cinque dita. Faceva a suo modo due ore per giorno, e in quelle avrei sfidato il diavolo ad impiegarlo altrimenti; le altre ventidue potevano metterlo a spaccar legna, a piantar cavoli, od anche a girar lo spiedo come faceva io, che non avrebbe dato segno di noia. Era in quelle occasioni il più docile Leopardo che vivesse mai. Così pure attentissimo ai proprii doveri, assiduo alle funzioni e al rosario, buon cristiano insomma come si costumava esserlo a quei tempi; e per giunta letterato ed erudito oltre ad ogni usanza de’suoi coetanei. Ma in quanto a logica, ho tutte le ragioni per credere che fosse un tantino cocciuto. Merito di razza forse; ma mentre la cocciutaggine degli altri si appiattava spesso nella coscienza, e lasciava libero il resto di compiacere fin troppo, egli invece era, come si dice, mulo dentro e fuori, e avrebbe scalciato nel muso, io credo, anche al serenissimo Doge, se questi si fosse sognato di contradirlo nelle sue idee fisse. Operoso e veemente qual era nel suo fare, spostato da quello diventava inerte e plumbeo davvero; come la ruota d’un opificio cui si tagliasse la correggia. La sua correggia era il convincimento, senza del quale non