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feggiata abbastanza per queste sue moine; ma ella ebbe il buon cuore di non vergognarsene, e la costanza di non rinnegarle. Laonde quando uscì a riprendere presso il letto della nonna il suo uffizio d’infermiera, la trovarono ancora la stessa Clara semplice, modesta, servizievole, facile al riso ed alle lagrime per qualunque gioja e per qualunque cruccio che non fosse suo proprio. La contessa trapiantandosi da Venezia a Fratta, trovatala un po’ salvatica, avea inteso dirizzarla coi soliti dieci anni di monastero; ma dopo un triennio cominciò a dire che la Clara essendo d’indole svegliata doveva averne avuto abbastanza. Il vero si era, che la cura della suocera le pesava troppo, e per non sacrificare a ciò tutto l’anno una donna di servizio, le parve un doppio sparagno quello di riprender in casa la figlia. D’altra parte i suoi sfoggi di Venezia aveano sbilanciato alquanto la famiglia, ed essendosi allora in pensiero di provvedere all’educazione del figliuol maschio, si volle stringer un po’ la mano nella spesa per la femmina. Le erano già due, perchè la contessa portava in grembo la Pisana, quando deliberò di levar dalle monache la Clara, e non dubitava nemmeno di esser per partorire una bambina, alla quale aveva già scelto fin d’allora il nome, in ossequio della madre sua ch’era stata una Pisani.

Così erano ite le cose mentr’io poppava e trangugiava pappa in tutte le case di Fratta; ma quando fui sui nove anni, e la Pisana ne aveva sette e il contino Rinaldo forniva la Rettorica presso i Reverendi padri Somaschi, la contessina Clara era già cresciuta a perfetta avvenenza di giovane. Credo la toccasse allora i diciannove anni, benchè non li mostrava per quella sua delicatezza di tinte che le serbò sempre le apparenze della gioventù. La sua mente si era arricchita di buone cognizioni pei libri ch’era venuta leggendo, e d’ottimi pensieri pel tranquillo svilupparsi d’un’indole pietosa e meditativa; la sensibilità le si