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capitolo secondo. 81

La contessina Clara dormiva vicino alla nonna nell’appartamento che metteva in sala, rimpetto alla camera de’ suoi genitori. Aveva uno stanzino che somigliava la celletta d’una monaca; e l’unico cignale che vi stava intagliato nello stucco della caminiera essa forse senza pensarvi lo aveva coperto con una pila di libri. Erano avanzi d’una biblioteca, andata a male in una cameraccia terrena per l’incuria dei castellani, e la combinata inimicizia del tarlo, dei sorci e dell’umidità. La Contessina, che nei tre anni vissuti in convento s’era rifugiata nella lettura contro le noje e il pettegolezzo delle monache, appena rimesso piede in casa erasi ricordata di quello stanzone ingombro di volumi sbrindellati e di cartapecora; e si pose a pescarvi entro quel poco di buono che restava. Qualche volume di memorie tradotte dal francese, alcune storie di quelle antiche italiane che narrano le cose alla casalinga e senza rigonfiature, il Tasso, l’Ariosto e il Pastor Fido del Guarini, quasi tutte le Commedie del Goldoni stampate pochi anni prima, ecco a quanto si ridussero i suoi guadagni. Aggiungete a tuttociò un uffizio della Madonna e qualche manuale di divozione, ed avrete il catalogo della libreria dietro cui si nascondeva nella stanza di Clara il cignale gentilizio. Quando a piede sospeso ella si era avvicinata al letto della nonna per assicurarsi che nulla turbava la placidezza dei suoi sonni, tenendo la mano dinanzi la lucerna per diminuirne il riverbero contro le pareti, si riduceva nella sua celletta a squadernare taluno di quei libri. Spesso tutti gli abitanti del castello dormivano della grossa, che il lume della lampada traluceva ancora dalle fessure del suo balcone; e quando poi ella prendeva in mano o la Gerusalemme Liberata o l’Orlando Furioso (gli identici volumi che non avean potuto decidere la vocazione militare di suo zio monsignore) l’olio mancava al lucignolo prima che agli occhi della giovine la volontà di leggere. Si perdeva con