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140 Capitolo sedicesimo.

— È buona guerra, signore, — rispose Tabriz. — Giacchè il beg ci ha giuocati, ora facciamola a lui.

Se la cavi come meglio potrà. Andiamo, signore, lasciamo qui i suoi falconetti e finchè abbiamo tempo, sgombriamo.

Noi non abbiamo niente a che fare coll’Emiro di Bukara, tanto meno coi suoi protettori. —

Poi, alzando la voce verso i suoi uomini, gridò, dominando colla sua voce stentorea il rombo delle artiglierie ed il crepitìo della moschetteria:

— A cavallo, amici!... Andiamo a caricare i russi! La confusione che regnava in quel momento sui bastioni e sulle muraglie di Ravatak era tale, che nessuno si poteva occupare della defezione dei cinquanta cavalieri.

I russi spingevano l’attacco con grande vigore. I cavalieri del Turchestan ed i cosacchi correvano all’assalto, mandando fragorosi urrah e portando seco un gran numero di scale per superare le altissime muraglie.

Le migliaia di fucili che tuonavano dietro le merlature e dietro le mura dei giardini, non arrestavano affatto l’assalto dei moscoviti, i quali muovevano addosso alle mura a passo di carica, preceduti dai loro trombettieri e protetti dal fuoco intensissimo dei pezzi nascosti dietro la trincea.

Hossein e Tabriz, prevedendo l’imminente resa della città e non amando essere coinvolti in quella ribellione che non li interessava affatto, avevano lanciato i cavalli a galoppo sfrenato per raggiungere la muraglia opposta, prima che i russi potessero completare l’aggiramento.

Tutte le vie erano ingombre di fuggiaschi. Donne e fanciulli, correvano all’impazzata, urlando spaventosamente, carichi degli oggetti più preziosi, mentre le palle delle artiglierie russe cadevano dovunque, provocando nuovi incendi.

Sulle case della città alta, una immensa nuvolaglia nera s’alzava, carica di scintille, volteggiando turbinosamente e calando verso i giardini.

Gli scoppi coprivano le urla dei fuggiaschi. Erano le polveriere della cittadella che saltavano, facendo diroccare le scarpate e sventrando i ridotti sui quali ancora tuonavano, ma con poca fortuna, i ventinove pezzi ed i falconetti del beg di Schaar.

Hossein e Tabriz, seguiti da Abei, dai cinquanta cavalieri e