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RIME

II


     Amor parla con meco e dice — Or mira
Se mai fece natura un tale oggetto, —
Quand’io guardo, Filippa, ’l gaio aspetto
4Vostro, che a voi devoto ogn’or mi tira.
     Il mio cor che l’intende allor sospira
E risponde — Che giova esser soggetto
A sì alto disìo, s’io non aspetto
8Pace da lei, da te disdegno et ira?
     Ben mi ricorda de’ perduti giorni,
Dell’usate lusinghe, e quanti passi
11Quante lagrime sparsi senza frutto.
     Sol per doglia finir già mi ritrassi
Dal tuo giogo crudele: or vuoi ch’io torni
14Per ridurmi di gioia in novo lutto.





III


     Filippina, se Zeusi che dipinse
La figura di Elèna or fusse vivo,
Sol del vostro leggiadro aspetto divo
4Trarrìa l’opra che già da molte finse;
     Perchè ’n voi figurar natura vinse
Tutte l’opere sue; nè sì giulivo
Viso fu mai in atto umile e schivo,
8Acutissimo stral che ’l cor mi strinse.
     Amor, te ’l vedi: e poi che tante volte
Ti son fatto suggetto, abbi mercede
11De’ miei novi sospiri in qualche parte!
     Vinca tua crudeltà l’antica fede!
Fa’ che pietosa mie parole ascolte
14Quella che tanto onoro in rime e ’n carte!




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