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104 novelle indiane di visnusarma

tanaca, l’amico tuo, venuto a te con cuore desideroso dopo tanto tempo! Vieni dunque e abbracciami! Perchè è stato detto:


Sandalo canforato e neve frigida1
Quale hanno mai valore?

Davver! la sesta parte essi non valgono
D’un amico del core!


E poi:


Da chi mai celesta ambrosia
Fu prodotta primamente,
Questo motto di tre sillabe


Ch’è l’amico veramente,
Protettor nella sventura
E conforto in la rancura? —


Udendo cotesto, Mantaraca, quand’ebbe meglio conosciuto l’amico, con tutti i peli del corpo arricciali per la gioia, con gli occhi pieni di lagrime per il piacere, uscendo in gran fretta dall’acqua, gridò: Vieni, vieni, amico! abbracciami! È passato tanto tempo, e io alla prima non ti aveva riconosciuto e però mi era cacciato sott’acqua. Intanto, è stato detto:

     
Alleanza con tale non farai,

Vrihàspati dicea, di cui la possa,

L’opere e la famiglia tu non sai. —


Mentre egli ebbe così parlato, Lagupatanaca, disceso dall’albero, gli diede un abbraccio. Giustamente, intanto, si suol dire:


Oh! che mai valgono
Fonti d’ambrosia
Che il corpo lavino?
Al petto stringere
Un dolce amico


Non più veduto
Da tempo antico,
È tal conforto
Che in verità
Prezzo non lui.


Ambedue allora, abbracciatisi acconciamente, coi peli tutti del corpo arricciati per la gioia, sedutisi ai piedi di un albero, si raccontarono scambievolmente le loro avventure. Hiraniaca intanto, fatto un inchino a Mantaraca, si sedette accanto al corvo, e Mantaraca che subito l’ebbe veduto, disse a Lagupatanaca: Chi è quel topo? E perchè mai, pure essendo tuo cibo consueto, è stato da te menato fin qui, montato sulla schiena? Ciò non è possibile per alcuna cagion lieve. — Udendo cotesto, Lagupatanaca disse: Questo topo, che ha nome Hiraniaca, è mio amico; anzi è la mia seconda vita. Ora, a che tante parole?


Come in ciel senza numero soli gli astri,

Come son senza numero le stille
Della pioggia e i granelli dell’arena,


Son così senza numero di questo
Magnanimo i gran pregi. Or però venne
A te, caduto in un estremo affanno.


Mantaraca disse: Qual è la cagione di questa sua disperazione? — Il

corvo disse: Quand’eravamo là, egli ne fu già domandato da me. Ma egli mi ha risposto: Oh! c’è molto da dire! Quando saremo giunti allo stagno, allora li racconterò. Perciò egli non ha fatto saper nulla nemmeno a me. Ora però, diletto Hiraniaca, facci sapere la cagione di questa tua disperazione. —

  1. Con cui gl’indiani sogliono rinfrescarsi.