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x cenni del traduttore.

L’anno 1545, preceduta da due altre versioni italiane, una del sunto di Laerzio, fatto dal Burley, una di trenta vite, pur dal latino1, apparve l’intiera, della quale teniamo discorso. Essa, rimasta anche sola finora2, è fattura di due fratelli Rosetini di Pralboino, i quali vi pongono innanzi la dichiarazione, di che difficultà sia l’interpretar d’una in un’altra lingua, quanto più tra sè sono lontane; e l’eccitamento a chi non ne fosse soddisfatto di far conferire il testo volgare

    Weslenio, ma più che tutto l’introduzione dottissima dell’av. Pietro Menin premessa ad una versione italiana delle vite di Laerzio (Venezia, 1826) che non oltrepassò quella di Pittaco.

  1. L’una verisimilmente di Antonio Cartulario, nobile padovano, morto nel 1440, stampata in Venezia da Bernardino Celerio da Lucre l’anno 1480, in 4.°; ristampata poi molte volte; l’altra di un anonimo che dà a sè stesso il titolo di ozioso, e che scelte dalla traduzione di frate Ambrogio trentasei vite, a lui sembrate le più dilettevoli, le trasportò in italiano. Anche questa fu stampata in Venezia senza anno e nome di tipografo; ma forse, secondo l’avv. Manin, al principiare del secolo XVI.
  2. Quella dell’Astolfi è un compendio. — Salvini non tradusse che il libro sesto. — Un Viaroli la vita di Teofrasio. — Spiridione Blandi la vita di Eraclide Pontico. — Gaetano Carcano gli epigrammi inseriti da Planude nella sua antologia. — La traduzione francese al solito; nè migliorata nelle moderne ristampe! — Buona, per quanto mi si disse, la tedesca del Boreck. Non conosco le inglesi.