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Ma ognuno è il primo e l’ultimo, e non trova niente che sia fatto prima di lui, né gli giova confidar che sará fatto dopo di lui, egli deve prender su di sé la responsabilitá della sua vita, come l’abbia a vivere per giungere alla vita, che su altri non può ricadere; deve aver egli stesso in sé la sicurezza della sua vita, che altri non gli può dare; deve creare sé ed il mondo, che prima di lui non esiste: deve esser padrone e non schiavo nella sua casa. – E non dovrebbe far questo per che? per aspettarsi che cosa? per conservarsi a che cosa, per cui egli debba rinunciare al possesso presente della sua vita, distruggere per sempre la via alla persuasione? che gli toglierebbe la morte che non gli abbia giá preso?

– «Ma» dicono «io ho le gambe deboli, e quella tua via è impraticabile». – Ci sono zoppi e diritti – ma l’uomo deve farsi da sé le gambe per camminare – e far cammino dove non c’è strada. Per le vie consuete gli uomini vanno in un cerchio che non ha principio e non ha fine; vanno, vengono, gareggiano, s’accalcano affaccendati come le formiche – forse anche si scambiano l’uno con l’altro, – certo, per camminare che facciano, sono sempre lá dov’erano, ché un posto vale l’altro nella valle senza uscita. L’uomo deve farsi una via per riuscire alla vita e non per muoversi fra gli altri, per trar gli altri con sé e non per chiedere i premi che sono e non sono nelle vie degli uomini.