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rezza certissimo, ed agli altri a’ quali fu grave avere veduto me schernito da te e dal tuo grande.» Bene ha fatto la crusca a non curarsi del significato che dovrebbe qui darsi alla voce volatile, ch’io credo certo essere un errore, e doversele sostituire voltabile che tanto vale quanto volubile. Scrivasi anche: a niuno dubbio (cioè indubitatamente) sarebbe di me argomento di leggerezza certissimo agli altri (o meglio agli amici), a’ quali ec.

Pag. 62. «E per venire quando che sia al fine: io tengo certo alla breve ma asprissima tua lettera tu non avere aspettata sì lunga risposta.» Scrivasi: E per venire, quando che sia, al fine: io tengo certo, alla breve ma asprissima tua lettera te non avere aspettata sì lunga risposta.

Ivi. «Ma perocchè quella non sento dal tuo puro ingegno dettata, perchè io conosco le parole, conosco le malizie e la indignazione conceputa dall’altrui retà con la tua penna scritta, ogni concetto della mente mi parve da mandar fuori, il che fare non si poteva in poche lettere.» Forse verrà più chiaro il periodo, scrivendolo così: Ma perocché quella non sento dal tuo puro ingegno dettata (perchè io conosco le parole, conosco le malizie, e la indignazione conceputa dall’altrui retà con la tua penna scritta), ogni concetto della mente mi parve da mandar fuori: il che fare non si poteva in poche lettere.

Con siffatti errori non è maraviglia, illustre amico, se pochissimi vogliano legger e quest’antica scrittura, e se ella rimangasi quasi ignota fra le opere, non che legittime, ma pur solo supposte del Boccaccio. Potrà nondimeno riprendere, non senza alcun onore, il luogo