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vato sì dalla feccia plebea, ma non innalzato fra’ degni di fama; non credo dubbia la correzione dell’ultimo membro del periodo, dove certo si accusa il gran siniscalco di non sapere latino: e quindi non mi terrò d’emendare: perocchè in nullo latino studio lui mai avere studiato è cosa manifesta.

Ivi. «Per la qual cosa, benchè di alcuna lode siano degne (le epistole volgari dell’Acciaiuoli), nondimeno non da molto le fo: nè tu. Scrisse ancora a Palermo, siccome dicono alquanti assai degni di fede, in mezzo il tumulto della guerra ec. uno volume.» Che è quel nè tu così staccato e fuor di grammatica? Se non erro, dee dire: nondimeno non da molto le fo. Nè tacerò che scrisse ancora a Palermo ec.

Pag. 46. «Scrisse in francesco de’ fatti de’ cavalieri del santo esercito in quello stile che già per addietro scrissono alcuni della tavola ritonda.» Nè il Biscioni nè il Gamba sanno indovinare chi siano i cavalieri del santo esercito: ed il primo congetturò ch’esercito tanto qui valga, quanto spedizione. Il codice marciano, in vece di esercito, ha spedito. Tutto ignoranza de’ copisti. Se si fosse letta la vita che del gran siniscalco scrisse Matteo Palmieri, si sarebbe trovato ch’egli fece per sua particolare divozione il viaggio del santo sepolcro l’anno 1351: cioè dodici anni avanti che fosse scritta questa lettera al priore di sant’apostolo. Or dunque qual cosa più chiara, che l’Acciaiuoli raccolse a Gerusalemme le notizie de’ fatti de’ cavalieri del santo sepolcro, e che poi ne scrisse un libro in francese?

Pag. 47. «Molte cose, oltre a queste, potrei