Pagina:La lettera di G. Boccaccio al Priore di S. Apostolo.pdf/24


23

Pag. 26. «Io non potea più patire i fastidiosi costumi del tuo Mecenate; se io dirò e’ tuoi, io non mentirò, nè il disonesto portamento.» Scrivasi: Io non potea più patire i fastidiosi costumi del tuo Mecenate (se io dirò e’ tuoi, io non mentirò) nè il disonesto portamento.

Ivi. «E se io non le scrivessi a te (le altre cose), veramente non le arei dette; tu nondimeno il serba teco.» Dicasi, le serba teco.

Ivi. «Se tu non perdessi al tutto con la coscienza la mente, tu il dovresti conoscere.» Dicasi, non perdesti.

Pag. 27. «Quante simili cose vuoi orribili occorrano in casa o fuori, non altrimente era da pietà mosso a’ miseri che’l servono d’aiuto, di consiglio, di parole o di fatti, che se eglino fussono o arabi, o indi, o bestie salvatiche.» Deve dire, non altrimente è da pietà mosso.

Ivi. « E quello ch’è segnale di più crudele animo, è, se esso vegga o senta gli amici infermi: non che gli aiuti, com’è usanza degli amici, o almeno di parole gli conforti; ma ec.» Correggasi: E, quello che segnale di più crudele animo è, se esso vegga o senta gli amici infermi, non che gli aiuti, com’è usanza degli amici ec.

Pag. 28. «E’ si dovrebbe ricordare Marco Marcello aver date lagrime alla infelicità de’ siracusani, e da questi pigliare, se a’ nimici dagli uomini chiari son date, quali siano dovute agli amici.» Dicasi da queste pigliare, cioè da queste lagrime.

Ivi. « Certamente per la clemenza nella fede e nel servigio si solidano gli animi degli amici, ed aumiliansi quelli de’ nimici: dove per la bru-