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sempre ad onesto uomo si confà sparger quello ch’e’sa, e di cui alcuno per la verità patirebbe.

Ivi. «Ma perciocchè la innocenza si debba difendere, ed io sono offeso e accusato, ho da venire in parole.» Direi si debbe, avendo poi detto io sono.

Ivi. «Di quindi aggiugni, quasi adirato, ch’io sia subito.» Il di quindi è qui fuor di luogo, e dee dirsi quindi.

Pag. 2. «E benchè la pestilenza mi spaventi, o mi contrasti il caldo della state, utile tempo mi conforti ad aspettare: e per la tua fede affermi che al desiderio mio troverò ogni cosa apparecchiata.» Era il mese di giugno, e non ancor cessato nel regno lo spavento della pestilenza: e nondimeno il priore di s. Apostolo confortava il Boccaccio a mettersi in viaggio da Venezia, ove abitava ospite del Petrarca, dicendo esser quello appunto il tempo utile al suo ritorno in Napoli. Dunque si emendi: E benchè la pestilenza mi spaventi, e mi contrasti il caldo della state, più utile tempo mi conforti a non aspettare.

Ivi. «Oh se io volessi, ho che ridere, ho che rispondere.» Scrivasi: Ho, se io volessi, ho di che ridere, ho che rispondere.

Pag. 3. «Che diresti tu se, poichè queste cose son fatte, un anno grande fosse passato, conciossiachè non ancora il sole abbia perfettamente compiuto il cerchio suo? A Messina, in quei dì che il nostro re Lodovico morì, di questo mio infortunio si fece parola.» Dice qui il Boccaccio, che intorno alle cose, delle quali egli si lamentava, invano poteva il priore di s. Apostolo rispondere: Non me ne