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312 la leggenda di tristano


sí si spezzavano tutti gli loro scudi, l’uno a l’altro, in braccio. E combattuto che ebbero grande pezza, sí si riposano dello primo assalto. E al secondo mettono mano alle loro spade; e tutte loro arme sí veniano tagliando in dosso sí e per tale, che grande parte di loro armadure giaceano alla terra. E combattendo in tale maniera, nello terzo assalto ciascuno avea fedite assai; e delle loro carni si vedeano grandi parti ignude e tinte del sudore e di sangue. E nello quarto assalto gli loro cavagli non si sostenevano in istante; e l’uno si maravigliava forte de le forze de l’altro, non per tanto che ciascuno feriva bene e vigorosamente. L’Amoroldo colla grande prodezza ferí allora Tristano con grande forza sopra de l’elmo, che tutto lo fece inchinare. Allora l’Amoroldo disse: «Tristano, Tristano, or come ti stae la testa? io ti farò sentire che la mia spada è piú smisurata che la tua». E allora Tristano, pieno di grande vigoria, sentendosi dare lo grande colpo sopra la testa, tutto allora si ristrinse in sé, per volere lo detto colpo amendare, e impugnò lo suo brando con mal talento, e sí fiere lo Amoroldo di tutta sua possa e forza sopra dello elmo; e fue sí grande e avenente e forte lo colpo, che l’elmo tutto gliele profonde, e passagli la cuffia del ferro, e méttegli lo brando nella testa. E allo tirare del colpo, la spada sí si spezza presso alla punta; sicché alquanto della punta rimase della detta spada allo Amoroldo nel cervello; e per forza del gravoso colpo, l’Amoroldo cadde in terra disteso, e chiamava mercé a Tristano, che non lo tragga a fine; e a lui egli si chiama per vinto. E appresso rifiuta ogni tributo, il quale egli addomandar potesse allo re Marco, o torto o ragione ch’egli avesse. E Tristano, sí come gentile cavaliere, per cortesia sí gli perdona, che non lo trae a fine; e sí lo prende e mettelo nella sua navicella; e poi la sospinse per l’acqua quanto piú puote, per lui mandare alla gente sua. E allora Amoroldo, sí come cavalier ontoso, sí tende uno arco soriano, lo quale avea nella navicella, e tiralo con una saetta avvelenata, e sí feri Tristano nella coscia diritta; e appresso se ne ritorna a sua gente, e fa levare lo campo, e si ritorna in suo paese. E quando la reina