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Firenze, città educatrice d’ogni idealità nella storia, e che nello stesso nome annunzia la sua mitica venustà, s’è adempito da pochi anni un avvenimento, che pare leggenda antica. Dolce e divino anacronismo nel secolo dubitante, Santa Maria del Fiore ha avuto il compimento della sua fronte marmorea. Intuito d’artisti, braccia valorose e destrezzaa d’artigiani, ricchezze di principi e obolo di poverelli, cave di marmi, tutto fu messo in comune con liberale munificenza. Una pura e bianca mano di Donna incoronata diede il cenno, perché cadieero i veli dinanzi alla splendenza, nuova della Cattedrale di Dante. Il fremito immenso del popolo plaudente, le vecchie campane di Firenze sonate a gloria, il volo delle colombe che presero fin d’allora la signoria del monumento, composero insieme un grance inno, un racconto lirico, una realtà luminosa quanto un ideale. Ed oggi un’altra festa d’arte e di cortesia viene inaugurata a Firenze; la festa, prima nei secoli, delle donne italiane, che tutte le chiama dalle tre marine a offerire opere di mano e d'ingegno, in nome di Beatrice, donna insieme ed idea, fiorentina e paradisiaca creatura, femminea bellezza e virtù, a cui l’arto e l’amore di Dante commise di rappresentare il riso stesso di Dio, che tremola in baleni di scienza agl'intelletti.

Ch’io però debba aprire col mio discorso questa solennità geniale, non saprei dire se più mi dia sgomento o letizia. Veramente