Pagina:La donna italiana descritta de scrittrici italiane, 1890.djvu/219


— 193 —


Le discussioni spesso si accendono fra quelle creature, che la misera sorte rende irritabili e maligne, i moti appassionati dell’anima prendono un’ostinazione violenta, un’irragionevolezza furibonda; e talora i loro amori si convertono in fiere baruffe ed unghiate da lasciarne il segno.

Intanto i figli, privi dalle cure affettuose e delicate della madre, abbandonati tutto il giorno, girano per le vie scalzi, affamati, imparano a bestemmiare, crescono turbolenti, viziosi, infingardi.

Alla sera, quando l’operaia torna dalla fabbrica, trova il marito che brontola, perchè il focolare è spento: i figli chiedono piangendo da mangiare.

Bisogna preparare il pasto frugale. Rotta dalla fatica, con quella eccitazione biliosa delle persone, mal ricompensate nel loro mestiere, impreca all’avverso destino che fa cader tutto sulle sue spalle, rimbrotta il marito ed i figli che non l’aiutano.

Allora comincia a scatenarsi un inferno: un vocio assordante si solleva in quell’ambiente di aria rarefatta e di esalazioni mefitiche e molte volte quando non hanno più forza di parlare, si spiegano coll’aiuto di quanto viene loro alle mani.

Il marito, dopo aver fatto prevalere la sua forza brutale, lascia per lo più la casa per l’osteria; la moglie rimane a sfogarsi coi figli.

Se poi l’operaia è fanciulla (badate, considerandola dal lato peggiore) si trova esposta continuamente a pericoli. In varii opifici il suo orecchio viene sovente urtato da parole oscene, minaccie, bestemmie, ode le storie più immorali, viene istruita in tutti i particolari della scienza del bene e del male..... del male sopratutto!

Invece della virtù del sacrifizio, del lavoro, dell’amore di Dio e del prossimo, impara l’arte del piacere, di farsi bella, di civettare. Presto l’ingenua credenza della sua infanzia, svapora dalla sua mente, lasciandovi impressa la cruda ed immatura realtà.

In casa non sente che pianti, non vede che miserie; dorme su degli stracci, mangia due soldi di pan nero coi sudici ritagli dei salumai, non beve vino che alla festa; è costretta a portar sempre lo stesso abito.

Allora le viene quasi a noia la vita, abborrisce il lavoro pagato da elemosina, e, se è bella, cerca sottrarsi al suo buio e triste mondo, ove nulla ravvisa di buono, per slanciarsi in un altro mondo, assai più triste, ma che si presenta ai suoi sguardi sotto l’aspetto il più ridente e lusinghiero!

Vi è poi la nostra contadina, che pure deve essere compresa,


13