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tantissimo, e voi vedrete e direte nel vostro verdetto se effettivamente l’errore che é nella mente di colui (accennando all’accusato) sia imputabile soltanto a lui o lo sia anche ad altri, e direi quasi all’universalitá dei cittadini d’Italia (agitazione nell’uditorio).

E questo altro fatto é che noi effettivamente abbiamo attraversato un periodo acuto della nostra vita politica.

Vi é stato un momento in cui, come diceva l’imputato, pareva che le nostre libertà fossero in pericolo; pareva che la gran legge dello Stato fosse solo la salvezza del governo; fu proclamato che per una ragione suprema di necessitá e di difesa della propria esistenza, il Governo avesse il diritto di manomettere le leggi, violare lo Statuto, di creare tribunali straordinarii, di mettere stati d’assedio e fare tutto quello che venisse in mente al presidente del Consiglio dei ministri. (L’agitazione nel pubblico va crescendo.)

Noi siamo usciti fuori dal terreno delle libertá, abbiamo ricorso alle violenze; si! il Governo ricorse alla violenza; e non dovete meravigliarvi se l’esempio della violenza, venendo dall’alto, provocasse una reazione al basso della societá, se c’é stato chi ha creduto ad un’altra necessitá, a quella cioé di opporre alla violenza del Governo la violenza privata. (Segni mal repressi di disapprovazione nel pubblico).

PROC. GENERALE — Mi pare che questo…

AVV. MERLINO — Questo é il fattore politico della delinquenza anarchica in Italia. Ma un’altra ragione piú speciale, deve essere addotta in difesa dell’accusato; il trattamento che é stato fatto agli anarchici nel nostro paese. Perché, notatelo bene, o signori giurati, per quanto si vogliano dipingere a foschi colori i principii degli anarchici, ció non pertanto in Inghilterra ognuno é libero d’esporre le sue teorie, di tenere quelle conferenze cui accennava il P. M., e la polizia non interviene. Ed in Inghilterra non accadono attentati anarchici, come da noi.

Da noi, invece, si é stabilito in principio, che l’anarchico non ha il diritto né di pubblicare giornali,