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la donna e la scuola 71


normale, — la riforma dell’insegnamento magistrale si impone, se finalmente vogliamo avere — nella scuola e nella vita — insegnanti ed educatrici.

Educatrici! Ecco la parola che ritorna, ecco l’argomento che inconsapevolmente ci riafferra e ci trasporta a quelli che ho accennati in principio — ed ecco veramente il fondamentale, il più grave problema della vita nazionale — nel presente e nell’avvenire.

Non vi è stato forse un Italiano che, di fronte alle sciagure dei mesi scorsi, non si sia domandato che cosa l’Italia abbia fatto per l’educazione delle giovani generazioni. — Purtroppo anche per quei rami dell’insegnamento che hanno dato buoni frutti di coltura e di capacità, c’è da ripetere il lamento di Carmen Silva.

«Le baccalauréat a tué l’éducation».

È possibile soltanto attraverso le riforme legislative e scolastiche determinare un movimento che — come quello che deve portare al rinnovamento della educazione nazionale — è, al punto in cui siamo in Italia, più che dinamico — addirittura rivoluzionario?!

Vi è chi sostiene categoricamente che la scuola di Stato potrà raggiungere la perfezione nell’istruire, ma — per la sua stessa struttura organica, — non perverrà mai ad educare. Meglio varrebbe — sotto questo riguardo — dicono — pur con i suoi eccessi e i suoi difetti, l’insegnamento privato, il quale ha se non altro — il vantaggio di rivelare alla luce del sole le proprie finalità confessionali e politiche — mentre lo Stato liberale, a furia di voler essere agnostico e imparziale, diventa nichilista o addirittura distruttore di sè.

Se in ciò vi è dell’esagerazione, non è men vero che in tema di educazione, bisogna in Italia persuadersi a mutar rotta, — non dimenticando che l’uomo