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la donna e la scuola 61


— dove la donna che studia e che insegna è considerata ancora da molte famiglie e dalla società così detta raffinata — superiore — come una modestissima, inocua quantité négligeable, con molti doveri, pochissimi diritti e — sovente — una notevole dose di dignitosa miseria... Molte buone madri della ricca borghesia ben pensante ritengono ancora che la cultura — per la donna — sia una cosa superflua, inutile, magari anche dannosa, e che i meriti della donna si conservano nell’ignoranza, un po’ come le insalate per restare bianche hanno bisogno dell'oscurità.

Mi ricordo perfettamente, nei primi tempi, di aver intuito nella mia scolaresca — e con una profonda pena — quello stesso senso di diffidenza, di sopportazione e d’indefinita ironia, che è nel fondo dell’opi­nione familiare.

Però, un certo spirito di comunicativa, un po’ di chiaroveggenza, molta affettuosità e un vivo desiderio di fare e di fare bene, hanno facilitato il mio compito — avvicinandomi a poco a poco all’anima delle mie bambine — riuscendo così ad ottenere il massimo dello sforzo intellettivo, — semplicemente facendo agire, direi quasi sfruttando le naturali facoltà emotive — giovandomi del cuore e dell’anima, per giungere all’intelletto.

Ma non sempre l’indole propria o il volere riescono a vincere le ostilità latenti, la diffidenza, i piccoli inganni di questo interessantissimo mondo minuscolo — a intuire la forza multipla racchiusa in questa giovinezza, a indirizzarla utilmente, — non tutte superano vittoriosamente queste prime schermaglie, nè sanno vincere l’accoramento che assale talvolta quando si scopre lo stridente contrasto tra le illusioni e i sogni dell’inizio — e la cruda realtà della vita scolastica.