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Ho assunto il non facile compito di riassumere quello che è stato assai bene esposto nelle conferenze precedenti. Il problema ormai si presenta chiaro e preciso da sè: che cosa sarà la donna di domani?

La guerra ha messo in rilievo tante sue buone energie; ne ha trasformato le attitudini e le tendenze; l’ha resa compagna dell’uomo nel dolore e nella sofferenza; sua sostituta nel lavoro e nell’azione: è possibile che tutto questo vada perduto? L’ambizione nobilissima della donna, intimamente pura, che ha sospinto la sua mentalità ad accentuare un’ambizione collettivamente utile, potrà essere soffocata dalla ripresa ordinaria della vita?

Non lo vorrebbero nè meno gli uomini che hanno imparato a conoscerci meglio e han finito per abituarsi a discutere con noi i problemi essenziali della esistenza. E molte questioni complesse e gravissime che la donna si propose col suo naturale intuito, le risolverà di fatto la guerra.

Senza dubbio gli uomini di buona qualità — e lo hanno dimostrato — non hanno più niente in contrario all’intervento della donna nella vita sociale. Ma dob-