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l'ombra del passato 239


Uscirono, sedettero sullo scalino della porta.

Attraverso il fogliame del pergolato, sul cielo bianchiccio, si vedevano le stelle filanti; la notte era dolce; ma Adone sentiva ancora l’odore della pipa, e invece di calmarsi s’irritava sempre più.

Caterina invece, insolitamente calma, aspettava ch’egli parlasse. Egli le cinse la vita col braccio e cominciò:

— Devo dirti una cosa. Non adirarti, però: senti bene. Devo domandarti: è proprio vero che l’ebreo ti vuole sposare? Dimmi la verità.

— Sì, è vero.

— L’ha detto a te?

— Sì, mi ha scritto. Ed è venuto qui parecchie volte.

— Tu non lo vuoi, vero?

— Se l’avessi voluto non sarei qui! — ella rispose fieramente.

— No, senti bene: voglio dirti questo. Se, per esempio, tu non mi avessi conosciuto e ti fossi innamorata di lui, avresti preteso che egli si convertisse?

— Ma egli si vuol convertire!

— Sì, ma, dico, se egli non avesse voluto rinunziare alla sua fede, e tu fossi stata innamorata di lui, lo avresti sposato egualmente?

— La nonna...

— Lascia stare la nonna! — egli disse, irritato. — Lei non può capire nulla!

— Sì, ma bisogna anche pensare che lei mi ha allevata! — rispose Caterina, cominciando ad