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guaime — guaita. | 231 |
gersi da got. vai, usato come sostantivo, che non è documentato come tale, ma che probabilmente esisteva. Viene in appoggio di questa mia supposizione il verso di Dante (Inf. 5):
E tanto più dolor che pugne a guajo;
dove evidentemente guajo vale “gemito, esclamazione, pianto”, senso che ha riscontro perfetto in aat. weinôn, mat. tm. weinen, piangere; ags. wànian, anrd. veina, ol. weenen, verbi formatisi tutti, secondo Kluge, dall’inter. Il dial. milan. antico possiede un agg. guajo, ger. wai, a cui è affine anche got. qainôn, piangere. Deriv.: guai- olare-re-to.
Guaime, erba tenera che rinasce nei prati e nei campi dopo la prima segatura (Crescen. 7, 2, 4; Pataff. 2; Burchiello). Questa voce che ha per corrispondenti afr. gaïn, waïn, vuin, voin, vall. vayen, lor. veyn, veyen, norm. vouin, anald. waimiau, e fr. [re] gain, fu dal Diez tratta da aat. weida, foraggio, erba, tm. Weide, o da vb. weidôn, pascere, col suffisso rom. ime; in guisa che da principio s’avrebbe avuto guad-ime, e poi elisa la d, guaime, analogamente a guastime svoltosi da guastare. L’etim. che si dava prima del Diez da fr. gagner, guadagnare, oltrechè il senso non soddisferebbe in modo alcuno, varrebbe tutto al più pel fr., ma non pei suoi dial. e per l’it.; mentre si spiega perfettamente quella da weida per l’it., ed anche per il fr. e suoi di l. col cangiamento della m finale in n.
Guaita, guardia, luogo di guardia. Questa è una di quelle voci ger. che penetrarono nel bl., ma non entrarono nella lingua it., benchè la possegga l’afr. in guaite, il prov. in guaita e perfino il crem. in guaita. Ricorre negli Stat. Bolog. an. 1257, dai quali appare che in quel tempo parecchie vie di Bologna si chiamavano Guaitae o Guaytae pel fatto che le sentinelle ci avevano le loro dimore. La voce bl. riposa immediatamente su sost. aat. wahta, mat. wahte,