retrice; che certo si presta anch’esso. Però noi abbiamo non pochi argomenti per escludere affatto la provenienza celt. di questa parola. Il primo è che essa da principio fu quasi sempre usata in buon senso. Il Diez stesso ammette che è spesso unita ad ami: mes drus et mes amis; ses amis et ses drus; vos amis et vos drus. In un capit. di Carlo il Calvo s’accompagna a vassallo: sine solatio et comitatu drudorum atque vassorum. Otfredo di Weissenburg ha Gotes drût = servo, amico di Dio. In tutti questi casi è chiaro che abbiamo perfettamente il senso di “fedele, dipendente, servo”, che è il vero signif. etimol. del vocabolo t. Anche in Dante è adoperato in buon senso. [«Dentro vi nacque l’amoroso drudo — Della fede cristiana». Parad. XII]. Ora è evidente essere più facile che la parola dal signif. buono passasse poscia al cattivo, che viceversa: il quale ultimo caso si sarebbe verificato nell’ipotesi che drudo fosse venuto dal celt. druth, meretrice; lasciando anche stare che questa parola per essere femminile, era difficile che potesse applicarsi a uomini, come avveniva nel più dei casi della voce drudo. E noto ancora che l’influsso del gael. sulle lingue rom. è quasi nulla rispetto a quello esercitatovi dal ger. Inoltre poichè drûd ricorre già in Otfredo e in altri scrittori dell’aat., ed anche nel tm. sotto la forma di Drude, benchè in signif. diverso, e d’altra parte queste voci non vengono certo dal gael., s’accresce sempre più la probabilità dell’orig. ger. della parola in quistione; e difatti anche il Diez, considerato tutto, propende per questa. Si può bensì ammettere che il celt. drûth fosse originariamente e radicalmente affine al ger. Quanto alla radice dell’aat. trût, essa sarà trattata alla parola Tregua. Il tm. Drude, stregone, incubo, [mat. trute, turing. trûde, bav. aust. franco-ren. trûd, dan. drüde, gotl. druda], si riattacca all’agg. traut, della stessa radice, ed è denominazione fondata sullo stesso principio del nome gr. delle Eumeuidi. Deriv.: druda, druderia.