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l’edera 225


— Uva, lagrime, — disse Annesa; ma il pastore ribattè:

— Però don Paulu rideva: buon segno. Ah, vedi, Anna, il cuore mi dice che entro oggi riceveremo una buona notizia. Ah, se ciò fosse, Maria Santissima mia! Tutti i giorni, tutti i giorni verrei qui, m’inginocchierei su questa sacra soglia, e bacerei la terra. In nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.

Egli s’inginocchiò, baciò la terra, si fece il segno della croce: Annesa sussultò al solo pensiero che «una buona notizia» potesse giungere. Ah, la vita l’attraeva ancora, con tutte le sue seduzioni; e la speranza di potersi salvare era così dolce e ardente che la faceva soffrire...

Rientrò nella chiesetta e si rimise in ginocchio, nell’ombra, sulla polvere. Meglio non sperare: salvarsi significava ricadere nel peccato, dimenticare, perdersi per sempre. Ed ella non voleva peccare mai più, mai più.

— Dio, Dio mio, aiutatemi voi! S’io devo ritornare nel mondo aiutatemi voi: non voglio più mentire, più ingannare, più far del male... Non sposerò Gantine, per non ingannarlo, non sposerò Paulu, non peccherò più con lui. Non sono degna di nessuno: vivrò sola, curerò i malati, lavorerò, porterò da me, sola, il peso dei miei delitti...

Si curvò e baciò ancora il pavimento: e nel sollevarsi le parve di veder un’ombra dietro il finestrino.

— Mi vedono? — Si ritrasse, ebbe paura. L’idea della prigione, della condanna, della reclusione la