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l’edera 195


Ella si alzò, si guardò attorno, e sentì il bisogno di domandar consiglio all’uomo semplice che molti deridevano: un cuore pietoso, in quell’ora di miseria, valeva più che tutti gli avvocati del mondo.

— Ziu Castigu, ditemi voi, che cosa devo fare?

— Tacere, figlia, — egli rispose portandosi una mano alla bocca. — Tacere per il momento... Ora ti nasconderò, secondo il tuo desiderio. E tu resterai là, dove io ti condurrò, e starai zitta come le roccie, finchè non tornerò io. Ti metterò fra due pietre, — aggiunse, avviandosi verso la capanna, ti nasconderò in modo che anche se ti cercheranno come si può cercare una spilla nel mare non ti ritroveranno certo... Ti porterò da mangiare e da bere: farò come il corvo che portava il pane ad Elia.

Egli entrò nella capanna e prese un vaso di sughero e un pane d’orzo, poi s’avviò nuovamente verso il bosco. Ella lo seguì: le pareva di aver percorso altra volta quella radura senz’alberi, coperta di cardi secchi e di fieno; di aver veduto altra volta quella linea di bosco che stendeva una nuvola nera sul cielo d’argento...

La luna brillava limpidissima; ma in lontananza cominciavano a salire larghi nastri di vapori luminosi, e quando il pastore e Annesa arrivarono al di là della radura videro, attraverso i tronchi, un mare di nebbia argentea, dal quale emergeva, enorme scoglio azzurro in forma di piramide, il monte Gonare. Ella trasalì. Sì, era la stessa strada percorsa con Paulu quel giorno, il primo del loro amore...