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94 PARTE SECONDA CL. III.

ne di quest’arte nell’Etruria. Le monete etrusche sono d’ un peso alquanto minore delle umbre e in particolare delle iguvine. Quando si vogliano tener fermi i principj stabiliti nella prefazione, non si trova alcuna ripugnanza a crederle posteriori di origine. Anzi ne pareva verisimile, che propagatasi quest’arte dalla nostra provincia cistiberina agli umbri di Todi, da’ tudertini agli umbri di Spello, e dagl’ispellati a que’ della confederazione iguvina, si fosse di qua inoltrata nell’Etruria subapennina e primieramente in quelle città, le quali sono poste oltre il Tevere quasi rimpetto alle città iguvine.

La nostra opinione parrà mal fondata a coloro che guardano alla mancanza quasi totale d’iscrizioni nelle monete delle nostre sette tavole: e confessiamo che noi altresì abbiam dovuto per lungo tratto rimanerci in grandi apprensioni sopra un tanto difetto. Dicevamo tra noi medesimi: un’ arte che quanto più cresceva di tempo e si andava dilatando tra le antiche genti italiche, tanto più acquistava di perfezione e di chiarezza, singolarmente dal lato delle iscrizioni, può ben dirsi che gli etruschi, avanzati quant’altri mai nella civiltà e nelle dottrine di que’ tempi, non l’avrebbono mai presa da un modello scritto, qual era l’iguvino, per trarne delle copie quasi al tutto prive di scrittura, come sono le loro monete.

Una tanta difficoltà allora solo cominciò per noi a dileguarsi, quando nella semplicità de’ simboli, stampati su le serie di queste sette tavole, incominciammo a vedere cosa che equivaleva alla epigrafe, e con la più evidente efficacia la rappresentava. La Tavola III. in sei monete non ha che una ruota, la quale opiniamo che dica il solo e vero nome di chi la fece rappresentare: le altre ritengon la ruota e con la ruota questo primo nome nel diritto; nel rovescio poi una v’introduce una bipenne, e in questo simbolo un secondo nome, due altre annunziano nel vaso il loro secondo nome, le tre ultime il proprio loro nome ci rivelano col segno dell’ ancora. Era facile l’ avvedersi, che la serie della ruota ripetuta nel diritto e nel rovescio era il prototipo delle altre. Perciò conchiudemmo, che metropoli esser dovea la città che l’ ebbe in uso, e che l’ altre esser doveano colonie uscite fuori dal suo seno.

Stefano l’antico geografo ci toglie i dubbj rispetto alla metropoli di quella parte d’ Etruria, coll’onorare che la di questo titolo la sola Cortona. Alla testimonianza di Stefano crescono autorità le monete de’ Coltellini. Eravamo noi fatti certi, che i Signori Coltellini per tre intere generazioni avevano raccolti, quanti avean potuto, gli antichi monumenti patrj, e che ciò sempre avean fatto entro le mura e il territorio di Cortona. Dunque, conchiudevamo, se tra le monete in cotal guisa colà da loro adunate si potessero rinvenire quelle che spettano a Cortona, egli è più che probabile, che queste in quella raccolta abbonderebbono sopra tutte l’ altre. E ciò appunto ne era accaduto di vedere nell’acquisto di quel tesoro, nel quale le monete più numerose erano appunto quelle della doppia ruota.