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italorum sapientia 133

e particolarmente nelle cose di metafisica: dall'altro canto considerava la sua sentenza de’ punti, come Aristotile la ci rapporta, troppo improbabile; che ’l corpo consti di punti geometrici, che tanto è dire, quanto una cosa reale comporsi di cose astratte. Quindi mi diedi seriamente a meditare quali ragioni mai potessero far probabile cotal sentenza. Di Grecia mi ricevetti di nuovo in Italia a Pitagora, che stimava le cose constar di numeri, che in un certo modo sono delle linee più astratti. Quindi riflettendo al grandissimo credito ch’ebbero di sapere questi due principi di filosofiche sette, e con la loro autorità e con i significati delle voci punctum e momentum, mettendo insieme quel che ora aggiungo, che da’ Latini diceasi vis ciò che noi diciam quantità; e l'essenza che noi diciamo, essi con le voci vis e potestas (Cap. IV, pag. 64) spiegavano; e aggiungendovi la comun de’ filosofi che pongono l’essenze in cosa indivisibile ed immutabile; e fermando tutte queste riflessioni sopra quello che per l’istessa via già su i principj avea meditato (Cap. I), che talmente l’uomo opera nel mondo delle astrazioni, come Iddio nel mondo delle cose reali: ne dedussi da tutto ciò in conseguenza che l’unica ipotesi, per la quale dalla metafisica nella fisica discender giammai si possa, sieno le matematiche; e che il punto geometrico sia una simiglianza del metafisico, cioè della sostanza; e ch’ella sia cosa che veramente è, ed è indivisibile; che ci dà e sostiene distesi ineguali con egual forza: perchè per le dimostrazioni del Galileo, ed altre piene di maraviglia, disuguaglianze quanto si vogliono grandi, ritirandoci al lor principio indivisibile, cioè a’ punti, tutte si perdono e si confondono. E così l’essenze delle cose tutte sono particolari divise virtù eterne di Dio, che i Romani dissero Dii immortali; le quali prese tutte insieme atto intendemmo, e venerammo un solo Dio potente il tutto. Se avessi voluto seguire la sola autorità, avrei dato negli alterati rapporti che fa Aristotile della sentenza di Zenone: se avessi voluto seguire il solo proprio giudizio, l’avrei trascurata con tutti gli altri. Voi or desiderate autori di questo sentimento che do a Zenone. Io vi do il medesimo non alterato da Aristotile, non improbabile, come giace, ma vendicato da’ sinistri sentimenti altrui, ed assistito dalla ragione. Che se finalmente non volete ricevere questa sentenza come di Zenone, mi dispiace di darlavi come mia; ma pur la vi darò sola e non assistita da nomi grandi.

Desiderate poi più di spiegazione e di pruova che i punti (pag. 110) «e non s’intendano delle parti in che si può dividere il continuo o la sostanza estesa, in quanto estesa ella è, ma della sostanza del corpo presa nel suo concetto metafisico, nel quale consistit in indivisibili, et non suscipit magis et minus, conforme le maniere di favellare scolastico.» A me non mai cadde in pensiero che la sostanza del corpo