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noveris indicano chiaramente, che quest’artificio consiste nel combinare insieme acconciamente una lente concava con una convessa. Ora io non so in qual altro modo tali lenti si possano combinare per veder un oggetto più grande e più chiaro, se non ponendole tra l’occhio e l’oggetto sopra un asse comune siffattamente che la concava sia più vicina all’occhio. Parmi dunque non potersi negare, che nel citato passo il Porta abbia voluto indicare quella combinazione di lenti, la quale adattata ad un tubo costituisce il telescopio diottrico di Galileo.

Vero è che il Porta non fu il primo autore di tale artificio. Un altro illustre italiano, Girolamo Fracastoro, l’aveva indicato in un’opera venuta in luce fino dal 1538, scrivendo che le cose guardate a traverso di due occhiali sovrapposti l’uno all’altro si veggono molto più grandi e più vicine1. Egli per altro non dichiarò qual forma debbano avere i due occhiali per produrre un tal effetto. Puossi pertanto a buon diritto affermare col Signorelli2, che il Porta più accuratamente del Fracastoro descrisse la stessa esperienza, avvertendo che delle due lenti, da combinarsi insieme per veder più chiaro e più grande un oggetto, l’una dev'esser concava e l’altra convessa.

10. Dopo le maravigliose scoperte fatte da Galileo nel cielo, il Porta in varie scritture si attribuì l’invenzione del telescopio. Ciò egli fece in una lettera priva di data e diretta a Federigo Cesi, nella

  1. Hieronymi Fracastorii, Homocentrica, sect. II, cap. 8. Venetiis MDXXXVIII.
  2. Vicende della coltura nelle due Sicilie. Napoli 1810. Tom. III, p. 195.