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   Così detto, balzò sopra la biga,
E alle man date col flagel le briglie
Ne’ cavalli trasfuse e nelle mule
Una gagliarda lena. Eran già presso560
Delle navi alle torri ed alla fossa,
E davano le scolte opra alle cene.
Tutte Mercurio addormentolle, e tosto,
Levatene le sbarre, aprì le porte,
E di Príamo la biga, e de’ bei doni565
L’onusto carro v’introdusse. Il passo
Drizzâr quindi d’Achille al padiglione,
Che splendido e sublime i Mirmidóni
Gli avean costrutto di robusto abete.
Irsuto e spesso di campestri giunchi570
Il culmine s’estolle: ampio di pali
Folto steccato lo circonda, e sola
Una trave la porta n’assicura,
Trave immensa, abetina, che a levarsi
E a riporsi di tre chiedea la forza,575
Ed il Pelíde vi bastava ei solo.
L’aperse il nume, ed intromesso il vecchio
Co’ recati ad Achille incliti doni,
Scese d’un salto a terra, e così disse:
   O Príamo, io sono il sempiterno iddio580
Mercurio; il padre mi spedì tua guida,
E qui ti lascio, chè il menarti io stesso
Del Pelíde al cospetto, e tanto innanzi
Favorire un mortale, a un Immortale
Disconviensi. Tu entra, ed abbracciando585
Le sue ginocchia per la madre il prega
E pel padre e pel figlio, onde si plachi.
   Sparve, ciò detto, ed all’olimpie cime
Risalì. Príamo scese, ed alla cura
De’ cavalli lasciato e delle mule590