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v.586 libro undecimo 277

Dardo lo scudo traforò, ficcossi
Nella corazza, e gli stracciò sul fianco
Tutta la pelle: non permise al ferro
L’addentrarsi di più Palla Minerva.
Conobbe tosto che letal non era590
Il colpo Ulisse; e retrocesso alquanto,
Sciagurato, rispose al suo nemico,
Or sì che morte al varco ti raggiunse.
Mi togliesti, egli è vero, il poter oltre
Pugnar co’ Teucri, ma ben io t’affermo595
Che questa di tua vita è l’ultim’ora,
E che tu dalla mia lancia qui domo,
La palma a me darai, lo spirto a Pluto.
   Disse, e l’altro fuggiva. Al fuggitivo
Scaglia Ulisse il suo cerro, e a mezzo il tergo600
Sì glielo pianta che gli passa al petto.
Diè d’armi un suono nel cadere, e il divo
Vincitor l’insultò: Soco, del forte
Ippaso cavaliero audace figlio,
Morte t’ha giunto innanzi tempo, e vana605
Fu la tua fuga. Misero! nè il padre
Gli occhi tuoi chiuderà nè la pietosa
Madre, ma densi a te gli scaveranno
Gli avoltoi dibattendo le grandi ali
Su la tua fronte; e me spento di tomba610
Onoreranno i generosi Achei.
   Detto ciò, dalla pelle e dal ricolmo
Brocchier si svelse del possente Soco
Il duro giavellotto, e nel cavarlo
Diè sangue, e forte dolorossi il fianco.615
Visto il sangue d’Ulisse, i coraggiosi
Teucri l’un l’altro inanimando mossero
Per assalirlo: ma l’accorto indietro
Si ritrasse, e i compagni ad alta voce