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o reputato cosa trascurabile, se scompagnato dalla conquista contemporanea del suffragio femminile.

Sebbene su questo punto nessuno dei nostri Congressi si sia formalmente pronunciato, crediamo di poter interpretare il pensiero del partito, in conformità alle tendenze generali di esso.

Il partito socialista non rivendica il diritto di suffragio per tutti, in ossequio a un astratto principio di diritto naturale, da valere ugualmente in tutti i luoghi e in tutti i momenti della storia. Per noi questa, come tutte le altre conquiste congeneri, non ha effettivo valore, se non in quanto sia essenzialmente conquista proletaria; e cioè in quanto corrisponda a dati bisogni economici del proletariato e a uno stato ben determinato della coscienza di classe proletaria.

È perciò che il suffragio universale — anche mascolino — pur trovandosi elencato fra i desiderata generali del partito, non ci fornì tema di una veramente intensa e continua agitazione, finchè l’attività della classe lavoratrice italiana venne assorbita dal còmpito, più urgente e preliminare, di creare e consolidare le proprie organizzazioni fondamentali, e finchè parve che notevoli progressi politici — anche nell’interesse proletario — si potessero ancora raggiungere, mercè il diritto di voto, limitato sulle basi della vigente legislazione elettorale.

Fu sopratutto la esperienza della stasi, cui da varî anni sembra condannata la vita politica e parlamentare italiana, dominata dall’incubo del problema meridionale; fu cotesta esperienza che determinò il partito socialista a polarizzare più intensamente le sue forze verso la estensione del diritto di suffragio agli stessi analfabeti, ravvisando in ciò un mezzo di rompere le clientele in cui si cristallizza, in tanta parte d’Italia — e, di riflesso, stagna e si corrompe in seno al Parlamento — la vita politica, e uno strumento