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Partecipino esse — poche o molte che siano — dappertutto, alla solennità dell’imminente primo maggio; vi sostengano, dovunque, il diritto anche delle donne alla conquista del voto; si preparino a intervenire numerose al prossimo Congresso socialista, per rivendicarvi lo stesso diritto. Confido che voci giovani e forti avranno ben maggiore efficacia della mia voce — infiacchita dal grigio tramonto!

ANNA KULISCIOFF.


Chi, prima ancora di me, avrebbe diritto di protestare contro questa nuova requisitoria, è proprio il mite somarello, dell’Intermezzo carducciano, la cui malinconica riflessione sulla decadenza dell’umano idealismo fu incisa, come epigrafe, in testa allo scritto che precede. Mi sia lecito — come compagno di sesso e di battiture — interpretarne il pensiero.

— Sì, è vero — raglierebbe, se potesse, l’asino dell’ortolano, che in verità sarebbe un poco sorpreso di vedersi trasformato in un così fervente feminista. — Io ho mandato l’idealismo umano ad affogarsi, e, nella mia asinina rozzezza, gli indicavo anche il sito: quel sito che voi, signora, per gentile senso di decenza, vi fate scrupolo di nominare. Sì, io mandai l’idealismo umano ad immolarsi sull’ara, chiamiamola così, della dea cloacina. Ma il caso, che mi strappò quella interiezione, era un tantino diverso.

Io sono — proseguirebbe — come ogni somaro che si rispetta, un perfetto analfabeta, e, quando ragliavo così, nessuno ancora sognava che agli analfabeti pari miei dovesse estendersi il diritto di voto. Sono dunque perfettamente consapevole della mia somaraggine. Ma, in verità, voi mi avete fatto diventare.... più asino del vero.

Quand’io ragliavo quella bestemmia, ricordate ciò che m’era toccato di vedere e di udire? Carducci ve l’ha pur raccontato. Era lo spettacolo osceno di un poeta ubbriaco, che, ostentando ai passanti la fetente ulcera del suo cuore, vomitava sulla pubblica strada "vino, tabe, elegie„, in onta al preciso disposto dei regolamenti