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Ma la parola di Anna Kuliscioff, congiunta al silenzio delle altre, non dà se non la riprova di ciò che pur troppo non ignoravamo. Le donne italiane, novecentonovantanove su mille — ossia in una proporzione dieci volte almeno superiore a quella degli uomini — sono assenti dal movimento politico, e assenti, anche più, da ogni movimento di classe.

La colpa? Delle donne stesse, degli uomini, di quel che si vuole: inutile, qui, ricercarla. Il fatto è questo, e il fatto rimane. Nè si vede che i Comitati, che si erigono a interpetri e a guide del movimento femminile, lavorino — con precisi propositi — nelle direttive e agli intenti, coloriti e illustrati nella femminile, e virile, requisitoria pubblicata qui sopra.

E allora, parliamo pure di libertà che corregge sè stessa, di educazione che sorge dall’esercizio del diritto, auguriamo e speriamo che, allorquando — e ne conveniamo, non sarà così tosto — il suffragio universale sia per venir conquistato, le cose, anche un po’ per opera nostra, siano profondamente mutate; ma, oggi come oggi, la prospettiva della facoltà, data a tutte le donne italiane, di partecipare al suffragio politico, non è precisamente fatta per acquistare a questo simpatie — negli ambienti socialisti e democratici — nè per animarne la propaganda e per affrettarne la vittoria.


Ciò premesso, è da aggiungere che mai, allo scrivente o ai colleghi del Comitato, non saltò in mente di “escludere„ le donne — le lavoratrici sopratutto — sia dall'ostensione del suffragio, sia dalla campagna per conquistarlo, nella quale le invochiamo anzi, col più sincero desiderio, come collaboratrici di inestimabile efficacia suggestiva.

Se una diffidenza potè trapelare da quella lettera, è soltanto verso quel certo femminismo elettorale, che guarda alla conquista del voto come a un nuovo privilegio, che rinforzerebbe, coll’aggiunta del voto femminile su basi limitate, il dominio intellettuale ed econo-