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nostro benefattore; a cui verso la fine del desinare un altro messo, inviato dal nipote, chiese che fosse a quello conceduto di venire innanzi, onde giustificare la propria innocenza e difendere l’onor suo. Però il baronetto condiscendendo alla instanza, permise che il signor Thornhill fosse introdotto.

CAPITOLO TRENTESIMOPRIMO.

Il precedente benefizio ripagato con inattesa usura.

Comparve il signor Thornhill coll’usato sorriso sul labbro, ed avviossi diritto allo zio per abbracciarlo. Ma quegli con isdegnoso volto ributtandolo, gli parlò con severa voce tali parole: “Non fa d’uopo ora di lisciamenti e moine. L’unica via per guadagnarsi il mio cuore è l’onore; ma queste ch’ora m’hai date sono prove di viltà, di codardia, d’oppressione. E perchè questo povero vecchio a cui ti dicevi amico, è ora così duramente trattato? Fu egli guiderdone alla sua ospitalità il sedurgli con infami arti la figliuola, il gittar lui in una prigione, per avere egli forse sentita profondamente l’ingiuria? E questo figliuolo di lui col quale tu temesti di venire al paragone, quasi uomo egli non fosse...?”

E il nipote interrompendolo: “Può egli mio zio rinfacciarmi come delitto il non avere io accettato ciò che le sole sue ammonizioni a me ripetute m’hanno insegnato di schifare?”

“Il tuo rifiuto è giusto; in questa occasione ti sei comportato da uomo savio, quantunque non come avrebbe fatto tuo padre. Il mio fratello aveva l’anima calda d’onore; ma tu.... Pure questa volta hai operato prudentemente; e te ne lodo.”

“Nè credo che sia da biasimarsi nel resto la mia con-