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prendeva per lui un aspetto d’incanto. Erano i primissimi tempi della felicità: egli usciva caldo di baci, pieno della recente gioja; le campane della Trinità de’ Monti, di Sant’Isidoro, de’ Cappuccini sonavano l’Angelus nel crepuscolo, confusamente, come se fossero assai più lontane; all’angolo della via rosseggiavano i fuochi intorno le caldaje dell’asfalto; un gruppo di capre stava lungo il muro biancastro, sotto una casa addormentata; i gridi fiochi degli acquavitari si perdevano nella nebbia....

Egli sentì risalir dal profondo quelle sensazioni obliate; per un momento, si sentì passar su l’anima un’onda dell’antico amore; per un momento provò ad imaginare che Elena fosse la Elena d’una volta e che le cose tristi non fossero vere e che la felicità seguitasse. Tutto l’ingannevole fermento cadde, a pena egli varcò la soglia e vide venire in contro il marchese di Mount Edgcumbe sorridente di quel suo sorriso fine e un po’ ambiguo.

Allora incominciò il supplizio.

Elena comparve, gli tese la mano con molta cordialità, innanzi al marito, dicendo:

― Bravo Andrea! Ajutateci, ajutateci....

Ella era molto vivace, nelle parole, ne’ gesti. Aveva un’aria molto giovenile. Portava una giacca di panno azzurro cupo, guarnita d’astrakan nero su li orli, sul collo diritto e su le maniche; e un cordoncino di lana faceva nell’astrakan un ricamo elegante, passandovi sopra intrecciato. Ella teneva una mano nella tasca, in atto grazioso; e con l’altra indicava le opere di tappezzeria, i mobili, i quadri. Domandava consiglio.