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comprensibile, inesplicabile; è un enigma che mi tortura e mi confonde. Ella lo ama! E da quando? Ed egli lo sa?
Anima mia, confessa la nuova miseria. Un’altra infezione ti avvelena. Tu sei gelosa.
Ma io son preparata ad ogni più atroce sofferenza; io so il martirio che mi aspetta; io so che i supplizi di questi giorni non son nulla al confronto dei supplizi prossimi, della terribile croce a cui i miei pensieri legheranno l’anima mia per divorarla. Io son preparata. Chiedo soltanto una tregua, o Signore, una breve tregua per le ore che rimangono. Avrò bisogno di tutta la mia forza, domani.
Come stranamente, nelle diverse vicende della vita, talvolta le circostanze esterne si rassomigliano, si riscontrano! Stasera, nella sala del vestibolo, mi pareva d’esser tornata alla sera del 16 settembre, quando cantai e sonai; quando egli incominciò ad occuparmi. Anche stasera io sedeva al pianoforte; e la stessa luce cupa illuminava la sala e nella stanza attigua Manuel e il marchese giocavano; ed ho sonato la Gavotta delle dame gialle, quella che piace tanto a Francesca, quella che il 16 settembre udii ripetere mentre vegliavo nelle prime vaghe inquietudini notturne.
Certe dame biondette, non più giovini ma appena escite di giovinezza, vestite d’una smorta seta color d’un crisantemo giallo, la danzano con cavalieri adolescenti, vestiti di roseo, un po’ svogliati; i quali portano nel cuore l’imagine d’altre donne più belle, la fiamma d’un nuovo desio. E la danzano in una sala troppo vasta,