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Notte. ― Mi pare di non aver più una goccia di sangue nelle vene. Mentre salivo le scale mi pareva che, ad ogni sforzo per superare un gradino, il sangue e la vita mi fuggissero da tutte le vene aperte. Sono debole come una morente....
Coraggio, coraggio! ancora poche ore rimangono; Manuel giungerà domattina; partiremo domenica; lunedì saremo da mia madre.
Ho reso, dianzi, a lui due o tre libri che mi aveva prestati. Nel libro di Percy Shelley, alla fine d’una strofa, ho inciso con l’unghia due versi e ho messo un segnale visibile alla pagina. I versi dicono:
“And forget me, for J can never |
“E dimenticami, perchè io non posso mai esser tua!„
9 ottobre, notte. ― Tutto il giorno, tutto il giorno egli ha cercato un momento per parlarmi. La sua sofferenza era manifesta. E tutto il giorno io ho cercato di sfuggirgli, perchè egli non mi gittasse nell’anima altri semi di dolore, di desiderio, di rimpianto, di rimorso. Ho vinto; sono stata forte ed eroica. Vi ringrazio, mio Dio!
Questa è l’ultima notte. Domattina partiremo. Tutto sarà finito.
Tutto sarà finito? Una voce mi parla, nel profondo; e io non comprendo, ma so che mi parla di sciagure lontane, ignote eppure inevitabili, misteriose eppure inesecrabili come la morte.