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librate a volo con le braccia alte e con l’aureola dietro il capo.

Io le guardava, quando mi pareva di non poter più sostenere il supplizio; e le loro forme rare mi occupavano un istante, mi suscitavano un ricordo fuggevole de’ paesi originali, mi mettevano nello spirito non so che momentaneo smarrimento. Egli disegnava, senza parlare; i suoi occhi andavano di continuo dalle carte alle mie mani; poi, due o tre volte, si sono rivolti al vaso. A un certo punto, levandosi egli ha detto:

― Perdonatemi.

E ha preso il vaso e l’ha portato lontano, sopra un altro tavolo; non so perchè.

Allora s’è messo a disegnare con maggior franchezza, come liberato da un fastidio.

Io non so dire quel che i suoi occhi mi facevano provare. Mi pareva di non offrire alla sua indagine una mano nuda, sì bene una parte nuda dell’anima; e ch’egli me la penetrasse con lo sguardo sino al fondo, scoprendone tutti i più riposti segreti. Non mai io aveva avuto della mia mano un tal sentimento; non mai m’era parsa così viva, così espressiva, così intimamente legata al mio cuore, così dipendente dalla mia interna esistenza, così rivelatrice. Me l’agitava una vibrazione impercettibile ma continua, sotto l’influenza dello sguardo; e la vibrazione si propagava in sino all’intimo del mio essere. Talvolta il fremito diveniva più forte e visibile; e, s’egli guardava con troppa intensità, mi prendeva un moto istintivo di ritrarla; e talvolta il moto era di pudore.