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La divozione m’infondeva una calma piena di freschezza e di profumi, mi faceva dischiudere nel cuore le sante primavere dei Fioretti, m’inghirlandava di rose mistiche e di gigli soprannaturali. E nella mia vecchia Siena, nella vecchia città della Vergine, io udiva sopra tutte le voci i richiami delle campane.
18 settembre. ― Ora di tortura indefinibile. Mi par d’esser condannata a riappezzare, a riappiccare, a riunire, a ricomporre i frammenti d’un sogno, del quale una parte sia per avverarsi confusamente fuori di me e l’altra si agiti confusamente in fondo al mio cuore. E m’affatico m’affatico, senza riescir mai a ricomporlo per intiero.
19 settembre. ― Altra tortura. Qualcuno mi cantò, gran tempo indietro; e non terminò la sua canzone. Qualcuno ora mi canta, riprendendo la canzone dal punto in cui fu interrotta; ma da gran tempo io ho dimenticato il principio. E l’anima inquieta, mentre cerca di ricordarsene per collegarlo al proseguimento, si smarrisce; e non ritrova gli antichi accenti nè gode i nuovi.
20 settembre. ― Oggi, dopo la colazione, Andrea Sperelli ha fatto a me e a Francesca l’invito di andare a veder nelle sue stanze i disegni che gli giunsero ieri da Roma.
Si può dire che tutta un’arte sia passata oggi sotto i nostri occhi, tutta un’arte studiata e analizzata dalla matita d’un disegnatore. Ho