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concluse che egli non avrebbe potuto infine far altro che provvedere — a patto però che si fosse serbato con tutti il massimo segreto — provvedere al nascituro, fargli da padre, ecco, giacchè egli non aveva figliuoli e ne desiderava tanto e da tanto tempo uno.

Si può essere — domando io — più onesti di così?

Ecco qua: tutto quello che aveva rubato al padre egli lo avrebbe rimesso al figliuolo nascituro.

Che colpa ha lui, se io, — poi, — ingrato e sconoscente, andai a guastargli le uova nel paniere?

Due, no! eh, due, no, perbacco!

Gli parvero troppi, forse perchè avendo già Roberto, com’ho detto, contratto un matrimonio vantaggioso, stimò che non lo avesse danneggiato tanto, da dover rendere anche per lui.

In conclusione, si vede che — capitato in mezzo a così brava gente — tutto il male lo avevo fatto io. E dovevo dunque scontarlo.

Mi ricusai dapprima, sdegnosamente. Poi, per le preghiere di mia madre, che già vedeva la rovina della nostra casa e sperava ch’io potessi in qualche modo salvarmi, sposando la nipote di quel suo nemico, cedetti e sposai.

Mi pendeva, tremenda, sul capo l’ira di Marianna Dondi, vedova Pescatore.