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§ 4. — Fu così.


Un giorno, a caccia, mi fermai, stranamente impressionato, innanzi a un pagliajo nano e panciuto, che aveva un pentolino in cima a lo stollo.

— Ti conosco, — gli dicevo, — ti conosco...

Poi, a un tratto, esclamai:

— To’! Batta Malagna.

Presi un tridente, ch’era lì per terra, e glielo infissi nel pancione con tanta voluttà, che il pentolino in cima a lo stollo per poco non cadde. Ed ecco Batta Malagna, quando, sudato e sbuffante, portava il cappello su le ventitrè.

Scivolava tutto: gli scivolavano nel lungo faccione, di qua e di là, le sopracciglia e gli occhi; gli scivolava il naso su i baffi melensi e sul pizzo; gli scivolavano dall’attaccatura del collo le spalle; gli scivolava il pancione languido, enorme, quasi fino a terra, perchè, data l’imminenza di esso su le gambette tozze, il sarto, per vestirgli quelle gambette, era costretto a tagliargli quanto mai agiati i calzoni; cosicchè, da lontano, pareva che indossasse invece, bassa bassa, una veste, e che la pancia gli arrivasse fino a terra.

Ora come, con una faccia e con un corpo così fatti, Malagna potesse esser tanto ladro, io