gio; ella narra una sua storia, ingegnosamente ordita, e con arte sparge di blandizie e di lusinghe il racconto, ora mostrandosi degna di commiserazione, ora meritevole di difesa, e con la eleganza e soavità del discorso circuisce e soggioga l’animo di lui. A poco a poco il colloquio si fa più intimo; alle parole si mescolano il riso e gli scherzi, ed ella, fatta ardita, non tarda a stendere la mano alla barba di lui, ad accarezzargli dolcemente la nuca e il collo. Ed ecco, è già vinto il milite di Cristo. Divorato dalle fiamme della concupiscenza, dimentico del suo passato, non curante del frutto di tante fatiche strenuamente sostenute, egli, fatto simile a un bruto (dice Ruffino), già si accinge agli osceni amplessi. Ma in quella appunto, la menzognera immagine, gettando un urlo spaventevole, fugge dalle sue braccia, lasciando lui in assai indecoroso (Ruffino dice più e meglio) e ridicolo atteggiamento. Allora i demonii, che in grande moltitudine erano ivi congregati nell’aria, spettatori del turpe fatto, lo scherniscono, gridando a gran voce: “O tu, che ti estollevi sino al cielo, come sei così precipitato in inferno? Conosci ora che chi si in-