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IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI



3.


Errore di una falsa causalità. — In ogni tempo si è creduto di sapere ciò che è una causa: ma dove prendiamo noi il nostro sapere, o piuttosto la fede nel nostro sapere? Dal dominio di quei celebri «fatti interiori », di cui nessuno, fino ad oggi, non si è trovato effettivo. Noi credevamo essere noi stessi in causa nell’atto di volontà, in ciò almeno noi pensavamo prendere la causalità sul fatto. Ugualmente non si dubitava che occorre cercare tutti gli antecedenti di una azione nella coscienza, e che cercandoli si troverebbero — come «motivi»: — poiché altrimenti non si sarebbe stati nè liberi nè responsabili di quella azione. E in fine chi dunque avrebbe messo in dubbio il fatto che un pensiero è occasionato, che sono «io» che sono la causa del pensiero?...

Di questi «tre fatti interiori» per cui la causalità sembrava garantirsi, il primo ed il più convincente, è la volontà considerata come causa; la concezione di una coscienza («spirito») come causa, e più tardi ancora quella dell’io (del «soggetto») come causa non sono venute che dopo, allorché, per la volontà, la causalità era già posta come dato, come empirismo... Da allora noi ci siamo ravveduti. Oggigiorno noi non crediamo più una parola di tutto ciò. Il «mondo interiore» è pieno di miraggi e di luci ingannatrici: la volontà è uno di codesti miraggi. La volontà non mette più in movimento, dunque essa non spiega neanche più, — essa non fa che accompagnare gli avvenimenti,


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